#6

di Sergio Gambitt19

 

Ninja! 2 (di 2)

…di spada perisce!

 

 

In principio, erano le tenebre. Poi un lampo, rosso, sfrecciare nell’etere. E un altro, e un altro ancora. Cupe saette vermiglie cominciano a saltare da ogni direzione intorno ad un punto preciso, come squali in attesa di assalire la preda. E, al centro di tutto, la sagoma di una ragazza che può apparire confusa e turbata da quel luogo che sente allo stesso tempo pericoloso e familiare, ma che non si mostra impreparata alla battaglia imminente. Psylocke è una guerriera, ed oggi lo dovrà dimostrare.

 

“In guardia, guerriera!” esclama Sekhmet scagliandosi contro Elektra mentre estrae dai gambali le due falcette. Nello stesso tempo la ninja greca impugna i sai e si prepara a fronteggiare l’avversaria. Gli occhi di ghiaccio della prima incontrano in volo gli abissi neri nelle pupille della seconda. Il primo colpo viene parato da un sai, e questo lascia ad Elektra la possibilità di attaccare a sua volta. Ma subito prima di andare a ledere l’addome dell’altra viene sorpresa dal suo gomito sull’avambraccio. Quindi un calcio diretto verso il proprio viso, che Elektra scansa con una piroetta all’indietro a cui fa seguito un veloce sgambetto. Sekhmet perde l’equilibrio, ma poggiando una mano a terra compie una capriola su sé stessa e si rimette di nuovo in piedi. Le due si fermano un millesimo di secondo a scrutarsi, poi è Elektra ad attaccare di nuovo. Un sai ferisce l’avversaria al fianco, ma come se fosse stato calcolato Sekhmet sfrutta la piccola vittoria dell’altra per sferrare un micidiale colpo con una falcetta, che apre una profonda ferita sulla guancia della ninja greca. Entrambe si allontanano e si fermano.

“Primo sangue per te, guerriera.” dice Sekhmet sfidando l’altra con lo sguardo. Elektra semplicemente passa un dito sulla propria ferita fino ad intingerlo di sangue, quindi lo porta alla bocca e ne assaggia il forte sapore metallico. Poi mostra il dorso della mano all’altra, e con una mossa delle dita la invita a farsi avanti. Sekhmet sorride. Entrambe si lanciano nello stesso istante in battaglia. Lo scontro è tra due maestre dell’arte ninja. I loro movimenti come una coreografia di morte, le loro armi come appendici del proprio corpo. Vivono per questo. Per quanto Elektra cerchi di convincersi del contrario, sono questi gli unici momenti in cui si sente veramente viva. Quando sente il freddo acciaio nelle mani, come facesse parte di sé. Quando ogni sua risorsa fisica e psichica è spinta ai massimi livelli e oltre, per poter raggiungere la perfezione insita nel corpo umano e superarla ogni volta in vista di mete più alte. Quando sente in ogni colpo dell’avversaria portato a segno, in ogni lama affilata che le penetra nel corpo, nel forte odore del proprio sangue, il senso di morte imminente che per contrasto le fa apprezzare come non mai il fatto di essere viva. E’ solo sull’orlo del precipizio, quando non si ha più nient’altro e quando si rischia tutto quel che resta, che si presentano due, uniche, nette possibilità: vivere, o morire.

E per il momento, Elektra ha scelto di vivere.

Le due avversarie si fermano di nuovo per riprendere fiato, senza mai abbassare la guardia l’una sull’altra. Il loro corpo impregnato di sangue e sudore, i loro petti sussultando affannosamente per i respiri mozzati. Ma i loro occhi conservano la stessa attenzione e freddezza dall’inizio della battaglia.

“Da molto tempo,” esordisce Sekhmet, “non mi capitava una sfida così. Ti sono grata per l’opportunità che mi stai dando.”

“Il piacere è tutto tuo…” risponde Elektra.

“Non ti scomponi mai, eh? Bene, che ne dici allora di smettere di giocare è di passare alle cose serie?” e gettando le falcette estrae la lunga falce affilata che le sporge dalle spalle. Per tutta risposta anche l’altra abbandona i sai, ed impugna la sua spada. Sekhmet sorride. Elektra non riesce a trattenersi. Le sue labbra ricambiano il sorriso.

 

Senza alcun preavviso attaccano. Da ogni direzione, nello stesso tempo, colpi di ogni genere vengono scagliati contro Psylocke, che riesce a pararne solo alcuni prima di venire sopraffatta da innumerevoli altri. Un pugno le colpisce il viso, un piede le azzoppa una gamba. Per quanto possa sembrare strano in quell’ambiente fatto di etere, Psylocke crolla a terra, rannicchiandosi il più possibile su sé stessa mentre i ninja continuano a colpire e sparire nuovamente nell’ombra.

Sono…sono troppi, e io sono da sola. Qui è tutto così buio, e freddo, e spaventoso… Non…non voglio morire qui. Non posso. In troppi contano su di me. Warren, Brian, Ororo…non devo deluderli. Ma il gelo, è così opprimente che mi ha congelato l’anima. E’…è questo posto. Mi fa sentire debole, indifesa. Mi fa sentire come quando fui accecata da Slaymaster anni fa[1], o come quando uscii dal Seggio Periglioso nel corpo di Kwannon[2], o ancora come quando fui sventrata da Sabretooth[3]. E’ colpa del freddo. E’ colpa delle tenebre.

All’improvviso, come una visione, nella sua mente compare il volto di Elektra.

*Non combattere contro te stessa. Accetta ogni parte del tuo essere e sarai più forte*

Io…io non combatto con…

…..

Oh…. sì…. credo di aver capito.

L’ennesimo colpo sta per essere inflitto alla sua schiena già martoriata, quando lei reagisce. Con una velocità che si stupisce di avere blocca la mano del ninja e lo scaglia contro altri due che stavano per raggiungerla. Quindi, torna in piedi ed apre le braccia nell’oscurità.

E’ vero, non erano i ninja i miei reali avversari. Non era l’ambiente sconosciuto che mi bloccava. Non mi sono mai trovata in un luogo estraneo, a dirla tutta. Questa è l’oscurità che abita il mio animo. Un’oscurità che ho sempre temuto di possedere, e che ho sempre combattuto. Ma questa non è la strada. Questa, non sono io…

 Sono una lady inglese. Sono una telepate. Sono una ninja. Sono una forza mistica ancestrale. Sono tutto, e sono niente. Devo trovare la mia strada…

 Se Fenice è una forza primigenia, potente fuoco della passione che infiamma tutto il creato, romantica tempesta e impeto che dona la vita al cosmo….

 Se la Regina Bianca ha scelto consapevolmente di imbrigliare il proprio potere sotto un puro e freddo razionalismo, pretendendo di comprenderlo tutto attraverso il lume della ragione e nascondendo i propri limiti con una forte inclinazione scettica e cinica….

 Se tutto questo è vero, io chi sono? Che ruolo ho, e che ruolo hanno le tenebre? Temo ci sia un solo modo per scoprirlo.

Le dita di Betsy Braddock si spalancano nell’oscurità, e portando indietro la testa la ragazza dà un tacito assenso affinché il buio la prenda con sé. Mentre si abbandona ad esso, il freddo e le tenebre la inondano, sommergendola fisicamente e psichicamente in un oceano nero come la notte. Ogni pensiero meschino, ogni ripicca infantile, ogni piccola ipocrisia della propria vita le assale la mente, mettendo a nudo la natura egoista di qualunque uomo e contemporaneamente riscattandola da ogni falsità. Per la prima volta Psylocke si conosce per davvero. E’ consapevole dei propri pregi, ma soprattutto non è più disposta ad ignorare il proprio lato oscuro. Finalmente lo accetta come parte di sé. E le piace.

Qualcosa si muove sull’oscurità che ha sommerso la ragazza. Un paio di piccole bolle d’aria scoppiano su una superficie nera e densa come la pece, subito prima che una gigantesca figura, totalmente nera tranne che per il marchio rosso dell’Alba Cremisi sull’occhio sinistro, emerga con un boato in mezzo ai numerosi ninja della Mano.

“Sono Betsy Braddock. Sono Psylocke. Sono tutto questo, e molto di più. Sono l’oscurità che alberga negli animi di qualunque persona. Sono il brivido freddo che percorre la schiena quando il terrore prende il sopravvento. Sono l’angoscia di uno spazio chiuso, di una stanza buia, dell’ignoto. Sono le tenebre! Sono la Notte!! SONO L’ALBA CREMISI!! E VOI APPARTENETE A ME!!!”

 

Le due lame si incrociano sprizzando scintille nell’aria. Per un attimo i volti delle due sfidanti sono a pochi centimetri l’uno dall’altro, i muscoli delle braccia tesi a contrastare la forza delle braccia antagoniste. Poi insieme si staccano. La falce di Sekhmet cala con forza su Elektra, la quale la evita roteando su sé stessa e menando un fendente all’indirizzo del fianco dell’ avversaria. Gocce di sangue riempiono l’aria, mentre Sekhmet per nulla turbata calcola il movimento dell’altra e affonda la propria falce nel luogo in cui il cuore di Elektra sarebbe finito se questa non avesse deviato all’ultimo secondo procurandosi solo un taglio sulla spalla.

“Prima di ucciderti,” dice Sekhmet ancora combattendo “volevo –nnnf- ringraziarti per l’opportunità che mi stai dando. Una volta che ti avrò finita la mia popolarità nell’ambiente ninja salirà alle stelle.”

“Sei solo un’altra schiava…”

“Sbagli, guerriera. A questo mondo o sei tra quelli che danno ordini, o sei una dei deboli. E io mi sono separata dalla Mano proprio per decidere da sola della mia vita.”

“Non intendevo schiava della –mmmf- Mano, ma di te stessa. La pulsione omicida dentro di te governa la tua vita. Lo so bene, ero come te un tempo.”

“Menti. Se uccido è perché è necessario farlo.”

“Davvero? Vuoi dire che non ti è mai capitato di far fuori uno dei tuoi ninja solo perché la mattina ti eri svegliata di cattivo umore? O di rendere una semplice missione di recupero un bagno di sangue?”

Sekhmet non risponde, si limita solo a piazzare un potente affondo diretto al viso di Elektra, che viene immediatamente parato dalla spada della seconda.

“Il tuo silenzio è molto eloquente…” sussurra Elektra al viso di Sekhmet, cinque centimetri più avanti. Poi la scaglia con forza lontano, continuando a parlarle:

“Io ti conosco. So chi sei e so come ti comporti, perché io ero e mi comportavo come te. Anche io sono passata attraverso l’insegnamento della Mano, anche io ne sono stata corrotta. Anche io mi illudevo di riuscire a mantenere la mia libertà all’interno della setta, ma non era così. Pure quando non avevo ordini, pure quando agivo da sola, le massime della Mano mi ronzavano per la testa, spingendomi ad uccidere, e ad uccidere ancora. Mi convincevo di avere il controllo, ma dentro di me sapevo che non era così. Come adesso lo sai tu, non è vero, Sekhmet?”

“Stai….ZITTA!” e le si scaglia contro furibonda. Elektra scansa agilmente la sua falce, ma viene sorpresa da una ginocchiata al basso ventre che le mozza il fiato. Con una capriola si allontana e si rimette in piedi, il braccio sinistro circondando l’addome dolorante e preparandosi al nuovo attacco della sfidante. Come una forza della natura, Sekhmet salta roteando la propria falce e calandola violentemente sopra Elektra, che le oppone la spessa lama della sua spada. Il rumore del metallo che si scontra è assordante. Le scintille da esso prodotte avvolgono per un istante la zona. Quando si dissipano lo scenario è notevolmente cambiato. Sekhmet è in piedi. Del sangue le cola giù da una ferita sul petto, ma ogni muscolo del suo corpo è teso a mantenere la falce puntata verso terra, a pochi millimetri dal collo di un’Elektra disarmata e inerme.

“Sono padrona di me stessa. L’istinto omicida non governa né me né la mia vita. Sono libera.” dice a denti stretti, soffocando a stento la rabbia.

“Ah sì? E allora come mai stai faticando per reprimere la tua voglia di farmi fuori subito?”

“Io devo ucciderti. La tua sconfitta significa molto per qualunque ninja.”

“La mia sconfitta, hai detto bene. E allora sappi questo. Se tu mi ucciderai, darai una conferma a tutto quello che ho detto finora. Saprai di non poter combattere la tua brama di sangue. Saprai di essere sua schiava. Sarai un’altra debole. E io, avrò vinto.”

Una nuova battaglia viene combattuta tra le due, sebbene nessuna di loro si muova. E’ uno scontro di volontà, combattuto con gli sguardi. Da un lato le pupille nere di Elektra fissano il volto dell’altra mantenendo un’espressione dura e decisa. Sono gli occhi di chi ha già affrontato la Morte, e non la teme più. Dall’altro le emozioni contrastanti sul viso di Sekhmet, che si accavallano così velocemente da impedire di capire quale sarà la sua scelta finale. Certo, ha già sconfitto la sua avversaria. Le basterebbe un piccolo movimento per finirla. Eppure, sebbene a fatica, esita. Le parole di Elektra la hanno colpita profondamente, forse perché colme di verità che sapeva già da tempo, ma che non ha voluto mai ammettere. E che ora sono riaffiorate in superficie, con tutta la loro forza.

D’un tratto il volto di Sekhmet si fa impassibile. Ha deciso. Elektra si accorge del cambiamento, e semplicemente prende atto della sua decisione senza reagire. Il suo mutismo costerà all’altra una pena ben peggiore della morte. Sekhmet alza su di sé la falce, preparandosi a calarla con forza nel petto di Elektra. L’educazione ninja inculcatale dalla Mano ha vinto ancora. Stanotte, la Morte mieterà un’anima in più.

FERMA!

Una mano veloce come il vento blocca il polso di Sekhmet. Altre due le afferrano le caviglie, mentre uno stormo di ninja rapidi come corvi la assalgono.

“Cosa…chi…?!” farfuglia Sekhmet, sorpresa dall’attacco dei suoi soldati sbucati fuori dal nulla. Anche Elektra sembra piuttosto colpita. Non aveva minimamente avvertito i ninja nelle vicinanze.

“Io, strega!” e dall’ombra del muro salta fuori Psylocke, oscura come non mai. Il marchio rosso sul proprio occhio brilla intensamente, “Sono sotto il mio controllo, adesso!”

Sekhmet colpisce con forza i ninja che l’hanno assalita. Poi torna in piedi, e si ferma a valutare la situazione. Davanti a lei, una dozzina di ninja della Mano si avvicina minacciosa, dietro ai quali Psylocke la guarda con l’aria di chi sa di avere il pugnale dalla parte del manico. Certo, sicuramente riuscirebbe a sconfiggere i suoi ex soldati, ma non potrebbe mai affrontare nello stesso tempo le due ninja. Quindi opta per l’unica soluzione possibile. Comincia a correre verso il muro di recinzione, e una volta arrivata ad un paio di metri da esso vi salta sopra, poggiando i piedi in quei pochi centimetri scoperti da filo spinato e vetro. Si ferma un attimo, e si volta indietro. Il suo sguardo incrocia quello di Elektra. Quindi si gira di nuovo e fugge nella notte newyorchese. E’ andata, ma il suo messaggio è arrivato a destinazione. Tornerà.

“A quanto pare, sono arrivata appena in tempo.” esordisce Psylocke allungando la mano verso Elektra. Questa stringe l’avambraccio della prima e si alza in piedi. Poi, il suo sguardo ancora perso nella direzione in cui è fuggita Sekhmet:

“Sì.…appena in tempo.”

 

La porta di villa Hama viene spalancata violentemente da un potente calcio. Subito dopo, due agili figure penetrano all’interno.

“Sento tre tracce psichiche all’interno della casa.” dice Psylocke, le mani poggiate sulla tempia “Una di esse mi sfugge, deve possedere impianti schermanti. Le altre due invece…Mio Dio!”

“Cosa c’è?” chiede Elektra, i suoi sensi all’erta per captare ogni movimento attorno a sé.

“Bambini…ci sono due bambini in casa! Sono…sono terrorizzati!”

“Dimmi solo dove…”

Cinque secondi dopo la porta dello studio si apre con un boato. Ad esso fanno eco dei colpi di pistola diretti contro le due ninja, che riparano immediatamente dietro gli stipiti.

“F-Ferme!” grida con la voce stridula e fastidiosa di una iena presa in trappola il colonnello Leonard Hama “C-C’è un bambino qui con me! Se non ve ne andrete entro cinque minuti giuro che lo ammazzo!!”

Psylocke fa segno ad Elektra di aspettare. Il suo viso si scurisce, mentre il marchio dell’Alba Cremisi si illumina di rosso. Il colonnello comincia a sudare. La sua mano prende a tremare. Non è possibile, pensa, mi avevano giurato che dopo l’operazione nessun telepate avrebbe potuto penetrarmi nella mente. E allora, perché non riesco più a muovermi?

Betsy ed Elektra entrano con calma nella stanza. Un ragazzino nero con uno scossone si libera dalla stretta del suo aguzzino e corre verso Psylocke in cerca di protezione. Il colonnello Hama resta immobile. Solo le sue labbra si muovono, ripetendo la stessa parola ossessivamente:

“Io…io…io…io…io…”

“Buoni i tuoi impianti psichici,” esordisce Psylocke “ottimi contro gli attacchi telepatici. Ma non è grazie alla telepatia che ti ho trovato e intrappolato. E’ stata l’oscurità del tuo animo a guidarmi qui, attraverso quella ho preso il controllo del tuo corpo. Non avresti dovuto lasciarle prendere il sopravvento…”

Il colonnello comincia a piagnucolare, mentre vede impotente Elektra avvicinarsi a lui e colpirlo con un pugno, per poi strappargli di mano la pistola.

“Bene,” dice Psylocke “e ora…” e mettendo le mani sulla tempia fa una scansione psichica dei dintorni. Quindi si fissa su un armadio, e lo raggiunge. L’anta scivola di lato, rivelando il suo interno.

“Oh no…” si lascia scappare Betsy portando le mani alla bocca. Elektra le si avvicina, ma anche lei rimane impietrita quando osserva l’interno dell’armadio.

Una bambina, di circa 5 anni, probabilmente indiana a giudicare dei tratti, sta piangendo, nuda, in mezzo ad alcuni vestiti. Graffi e escoriazioni le ricoprono la pelle, mentre tutt’attorno a lei sono sparpagliate foto di polaroid raffiguranti lei e il ragazzino nero, nudo anch’esso, in compagnia del grasso colonnello. Un moto di angoscia sale su per il corpo di Betsy, mentre Elektra si gira immediatamente cercando con lo sguardo la sua preda, che si è rintanata sotto una scrivania.

“Tu…!” grida al suo indirizzo subito prima di essergli sopra. Ignorando i suoi piagnucolii lo prende per la collottola e lo tira fuori di lì, scaraventandolo contro una libreria che sotto il peso del suo corpo quasi lo seppellisce di libri. Poi gli si avvicina velocemente ed estraendo dal gambale un sai e si prepara a conficcarlo nel suo occhio.

“No!” dice Psylocke bloccandole il braccio “Non farlo!”

“Merita di morire” risponde Elektra senza distogliere lo sguardo dal volto pieno di sangue e lacrime del colonnello.

“Forse… sicuramente sì, ma non devi essere tu a giudicare. Mi hai detto che bisogna comprendere la propria parte oscura, che bisogna accettarla. Ma quel che so per certo è che non le si deve mai far prendere il sopravvento. In questo momento anche io avrei voglia di fargliela pagare, cara, ma non è questa la strada per la redenzione. Non riguarda lui, Elektra, riguarda te. E poi… se lo uccidi ora non otterremo mai altre informazioni sulla sua….attività.”

Elektra non si è mai voltata. Si è semplicemente limitata a tenere uno sguardo furioso fisso sul colonnello, con il braccio tremante a stento trattenuto da Betsy. Ed è quando finalmente si libera dalla sua stretta che Psylocke teme il peggio. Invece il sai rotea nell’aria, e solo il pomello arriva a colpire la tempia di Leonard Hama, così forte da tramortirlo. Poi Elektra resta lì, inginocchiata davanti al suo corpo inerte, con la mano di Betsy poggiata sulla spalla.

“Hai fatto la scelta migliore.”

 

….

 

“Ho chiamato la polizia, saranno qui a momenti.”

“Bene,” risponde Elektra “e i bambini?”

“Li ho addormentati. Ho sepolto anche il ricordo delle sevizie subite nel profondo della loro psiche, anche se resterà sempre lì, pronto a riemergere. Non ho potuto fare di meglio…”

“Non è colpa tua” dice Elektra sorridendole “E così, l’allieva ha superato la maestra…”

Psylocke ricambia il sorriso, mentre una mano della bella greca le arriva a sfiorare la guancia.

“Diventerai un’ottima ninja…”

Betsy guarda negli occhi Elektra. L’abisso nelle sue pupille adesso non è più spaventoso come prima. Anzi, emana una sensazione di…calore?

“E di loro, che farai?” chiede Elektra indicando la dozzina di ninja seduti nel giardino in stato semicatatonico.

“Oh di loro si occuperà la polizia…” risponde Psylocke, le sue guance leggermente arrossate “Mentre io porterò quel porco schifoso dalla fantomatica Ms. Dawn, intimandole un faccia a faccia prima di consegnarglielo. Voglio scoprire quali sono le sue intenzioni…”

Elektra annuisce. Betsy distoglie lo sguardo e si avvicina al corpo svenuto e legato del colonnello Hama.

“Bene…” dice cominciando a sprofondare nell’ombra “E’….è stato un piacere lavorare con te”

Elektra sorride senza dire niente, aspettando che l’altra scompaia del tutto, poi sussurra:

“Anche per me, Betsy, anche per me…”

 

Più tardi…

Il luogo è un lussuoso appartamento di Manhattan. Più precisamente, il suo grande salotto, vuoto e avvolto dall’oscurità. Improvvisamente due nuove presenze scivolano all’interno di esso, apparentemente dal nulla.

“Ce l’avete fatta allora” dice la voce di una terza figura, appena entrata nella stanza.

“Sì, e qui c’è il premio” le risponde un’altra nell’ombra.

Le luci si accendono.

“Bhe, che ne diresti di consegnarmelo in modo tale che lo possa interrogare con più calma?” chiede Ms. Dawn, ancora fiorente nel suo completo bianco da notte, nonostante l’età.

“Sai…” comincia a dire Psylocke, ai cui piedi giace il corpo svenuto del colonnello Hama “…la prima volta che ti sentii, al telefono, la tua traccia psichica mi apparve familiare, anche se non potevo stabilire con certezza chi fossi a causa degli impianti di disturbo mentale che hai addosso. Impianti attivi anche adesso, a quanto percepisco. Ma in queste ore sono cambiata…” il suo viso comincia a scurirsi, il marchio ad illuminarsi “Ho sviluppato una sorta di…affinità per l’oscurità, compresa quella dell’animo umano. Certo, non è precisa come la telepatia, e devo ancora conoscerla a fondo, ma mi avverte di cose piuttosto interessanti. Per esempio che nella tua mente è presente, o almeno lo era, una grande oscurità. Qualcosa che avevo avvertito già un tempo, e che ora mi permette di capire chi sei. Non è vero, Mystica?”

L’aspetto di Ms. Dawn comincia a mutare. Dove c’era della pelle bianca cominciano a comparire lembi di uno scuro blu. I capelli bianchi e soffici vengono sostituiti da selvagge chiome rosse. Infine, nel posto in cui una volta si trovavano delle limpide pupille azzurre cominciano a brillare occhi di un acceso giallo, con cui squadra Psylocke prima di risponderle:

“Vatti a fidare del mercato nero russo… Non si trovano più perturbatori mentali affidabili come un tempo”

Betsy rimane impassibile. Dietro di lei, il corpo del colonnello.

“Cosa vuoi?” esordisce la ninja asiatica. Mystica scruta la determinazione nei suoi occhi, poi risponde:

“Non proverò nemmeno a mentirti, te ne accorgeresti subito, quindi sarò sincera con te. Nel periodo che ho passato con X Factor[4] sono venuta a conoscenza di una sezione segreta dell’esercito statunitense che si occupa di faccende sospette. C’è un gigantesco muro di gomma intorno alla faccenda, non sono riuscita ad ottenere niente di buono finché quasi per caso ho intercettato l’offerta di un certo dottor Gustavson, che aveva intenzione di vendere al miglior offerente dei segreti riguardo questa sezione. Riuscii ad impossessarmi delle informazioni, ma erano criptate e l’unica cosa che ottenni fu l’indirizzo di una base segreta in pieno Nevada. Mandai una agente in perlustrazione, che tornò con alcune foto e documenti riguardanti il colonnello Hama, che tu mi hai portato. Ancora non ho niente di concreto in mano, ma conto su di lui per estorcergli il resto. Sempre che tu sia disposta a cedermelo, ovviamente.”

Psylocke rimane in silenzio per un po’, poi:

“Perché dovrei fidarmi di una ex terrorista?”

“Perché…sono cambiata. Non fraintendermi. I miei modi potranno ancora essere bruschi e moralmente discutibili, ma ho capito che agire in sordina, limitando gli spargimenti di sangue al minimo indispensabile è di gran lunga preferibile ai metodi pacchiani del terrorismo. Sono ancora dalla parte dei mutanti, farei tutto per loro, ma questa volta mantengo un occhio di riguardo verso gli umani. Del resto, se vivono meglio loro viviamo meglio anche noi. Inoltre se davvero puoi vedere la mia parte oscura, capirai anche che da tempo ho imparato a dominarla. E che non ti ho mai mentito, né lo sto facendo ora.”

“….”

“.…”

“Va bene, è tutto tuo” dice Betsy scostandosi dal colonnello “Ma ricorda, nel momento in cui scoprirò che hai tradito la mia fiducia, ti scoverò ovunque tu sia e te la farò pagare amaramente. Non ci saranno X Men di mezzo, sarà solamente una questione fra noi due.”

Mystica annuisce, poi risponde:

“Sta bene” quindi osserva Psylocke scomparire e lasciarla sola con il colonnello. Mystica si avvicina a lui e lo osserva giacere disteso sul pavimento. A noi due…

 

Venti minuti dopo.

La donna che esce dalla stanza asettica e macchiata in più punti da scuro liquido rosso è una donna sconvolta. Barcollando sulle proprie gambe raggiunge il divano, e vi si appoggia impregnandolo del sangue che le ricopre gran parte del corpo. Le forze le vengono a mancare nello stesso tempo, e crolla sul tappeto stringendosi il viso fra le mani.

Mio Dio…, pensa Mystica, non…non avrei mai immaginato che fosse così. E’…è ancora peggio di quanto pensassi…

Alle sue spalle, dentro la stanza, una sedia su cui è legato il corpo del colonnello Leonard Hama, il cui cranio è spaccato e ancora zampillante sangue sopra le bianche pareti. Il suo volto, una maschera di terrore.

 

 

Fine.

 

Note:

[1] esattamente su Playbook 8.

[2] questa non la so, Carlo, puoi riempila tu?;)

[3] sullo speciale Sabretooh, ovvero Marvel Miniserie 29.

[4] defunto supergruppo mutante al servizio del governo, di cui Mystica ha fatto parte per un po’.

 

Note dell’autore: eeeeeeeeee stop! Buona la prima, grazie, tutti a casa! Con questo numero si interrompe il primo ciclo di Lethal Honey, dal prossimo numero si cambia totalmente registro e ambientazione. E Mystica? direte voi. E la sezione segreta dell’esercito? E le rivelazioni del colonnello Hama? Per tutto questo, e molto altro, dovrete aspettare il prossimo aggiornamento, che presenterà il primo numero di                           . Curiosi? Scioccati? Spaventati? Fate bene!

Come al solito commenti, suggerimenti o insulti a: gambittolo@hotmail.com.

 

Nel prossimo numero: la prima parte di un’avventura di Sharon Carter e Carol Danvers (avete letto bene, Carol Danvers, non Warbird) contro la minaccia di…Viper?